Cronaca di una giornata autunnale comunque clemente, nel pre partita si sogna della nuova struttura che potrebbe arrivare in un futuro molto prossimo ad affiancare quella della sala pesi per fare da Guest House, tutti la bramano, il lavoro che attende i soci è tanto, la partecipazione sembra coinvolga un po’ tutti e si attendono sviluppi. Per ora si sono proposte varie soluzioni e tra chi vorrebbe mettere i nuovi container in verticale con un ascensore panoramico, chi immagina scivoli per scendere da un piano all’altro, in ogni caso la nuova sede avrà più o meno questo aspetto, il resto sono dettagli.
Passiamo alla cronaca del match, i novaresi si presentano in campo schierando tre pezzi di ragazzi che valgono doppio tanto che al confezionamento panini si prevede abbondante bis. Si comincia, calcio d’inizio e palla a terra che fa “ciack” e non rimbalza più incollandosi al fango, non sarà una partita facile. Ivrea comincia subito a spingere, forte della volontà di fare bene in casa e spinta dal folto pubblico accorso ad assistere al match.
Tra un pacic e un pacioc, arrivano subito due mete che sfruttano la corsa sulle ali e la capacità di aprire a ventaglio la manovra. La palla sempre giocata in velocità viaggia con una facilità che lascia sorpresi i novaresi che incassata la seconda meta decidono che non ci stanno e provano a reagire. Ma il loro gioco patisce forse un po’ il puntare solo sullo sfondamento e sulle doti dei ragazzoni di cui sopra che mettono in difficoltà la difesa dell’Ivrea sopratutto quando lanciati. Un paio di volte si caricano i nostri come delle valige 24 ore per portarli a spasso verso la nostra linea di meta. Ma è un gioco sterile e poco propositivo che affatica e sembra chiaro che non reggerà fino alla fine.
La fatica con la quale ottengono la meta del 10 a 5 vale lo sforzo ma affatica la unit del Novara che cede un altra meta all’Ivrea. Ivrea che tenta più volte di sorprendere gli avversari calciando e correndo, approfittando di una maggiore velocità.
Nella storia del Rugby è citato tale William Webb Ellis che un bel giorno si svegliò con l’idea di prendere in mano la palla e correre a fare meta, in un gioco che prevedeva di usare solo i piedi come gesto per avanzare in direzione avversaria. Prese la palla, corse tutto il campo e marcò la sua “Try” cioè il diritto di tentare la trasformazione che ai tempi era l’unico modo di segnare punti. La sua intuizione fu geniale, nessuno lo fermò per una ragione piuttosto evidente: non si poteva fare, ma forse è anche vero che non era scritto da nessuna parte che non si potesse.
L’una o l’altra, era l’alba del rugby. Ellis vive in tutti i giovani U6, quando il senso del gioco è agli albori e per definizione, la palla é mia e guai a chi me la toglie! (neanche se sei mio compagno di squadra), meno negli U8 e via via svanisce con il progredire delle categorie, soprattutto perchè diventa indispensabile passarsela, pena il placcaggio inesorabile. I ragazzi dell’U14 lo sanno benissimo.
Nel secondo tempo il Novara gioca più aperto, cercando di chiudere gli spazi lasciati nel primo tempo sulle fasce che avevano permesso le segnature dell’Ivrea. Ma arrivano due mete dell’Ivrea che chiudono il discorso, belle tutte e due, in mezzo ai pali, che fanno la delizia degli intenditori, due mete corali in cui l’altruismo premia lo spirito di squadra di un gruppo che si mostra sempre più unito.
In particolare l’ultima che porta in meta il capitano, è spettacolare per l’intesa e la determinazione messa in mostra, l’affiatamento del cercarsi, la bravura nel mantenersi sempre in sostegno un passo indietro al compagno di squadra. Che dire? Bravi!
Non si può volere di più, anche le poche trasformazioni non devono pesare perchè con un terreno in queste condizioni era difficile misurare la rincorsa e l’ultimo appoggio reso incerto, sarebbe costato facilmente lo scivolone nel fango, puntuale a fine partita (ragazzi non fatelo più che per terra può esserci di tutto).